A Firenze non mancano più i turisti ma l’ospitalità ha nuovi modelli

Il giornalista “futurologo” Thomas Bialas in tempi non sospetti, cioè prima della pandemia, sosteneva che << la maggior parte degli alberghi sono stati concepiti e costruiti in un’epoca molto diversa da quella che stiamo vivendo. Era il tempo della civiltà industriale e del fordismo e c’era una netta divisione tra lavoro e tempo libero. Ora tutto è saltato e non c’è più nessuna separazione>>.

Poi è arrivata l’emergenza pandemica e la fotografa Francesca Pagliai – che di professione scatta negli hotel per la loro comunicazione – ha realizzato a giugno 2021 per FUL magazine #45 un progetto “post-pandemia”, raccontando per immagini il vuoto degli hotel a Firenze senza clienti. Uno spazio negato in attesa di essere occupato: << […] un “ospite inatteso” aveva catalizzato un processo in atto da decenni e gli interni vuoti degli hotel erano improvvisamente diventati la cassa di risonanza di vecchi quesiti sul senso e la sostenibilità del turismo di massa >>.

Dopo quel reportage, l’ospite inatteso, il virus, ha lasciato gli spazi inopportunamente occupati e l’ospite atteso, è tornato: il turista. Forse anche troppo, dato che oggi si parla di overtourism.

Ma come è cambiato il settore dell’hôtellerie a Firenze dopo la pandemia? Riccardo Zucconi, ex presidente degli albergatori fiorentini, ha dichiarato che il settore ha perso tantissimo nell’ultimo biennio, il primo anno il 90% di fatturato, il secondo anno l’80%. I piccoli hotel non hanno futuro, a centinaia rischiano la chiusura, lasciando l’accoglienza in mano a gruppi multinazionali. Nel new normal ci sono anche casi in cui lo stabile è pur rimasto di proprietà fiorentina, ma la gestione dell’attività alberghiera è affidata in concessione a multinazionali dell’accoglienza turistica.

Proviamo a fare il punto e in questo ci facciamo aiutare da Gian Luca Sani, direttore tecnico dello studio di progettazione impiantistica Greenhaus, che negli ultimi dieci anni ha collaborato in molti interventi edilizi sulle attività alberghiere della città. Con lui seguiamo una mappa che non appare su Booking, quella di un cambiamento inesorabile dell’offerta ricettiva che vede declinare gli hotel a conduzione familiare ed emergere mega complessi di proprietà internazionali.

<<Negli ultimi tempi abbiamo visto sbarcare a Firenze grandi gruppi e nuovi interventi sono in programma, pensiamo al cantiere di viale Belfiore, a quello alla Manifattura Tabacchi – entrambi legati al colosso olandese TSH Management B.V. – o alla nuova struttura inaugurata in piazza San Paolino, un brand facente capo al gruppo immobiliare tedesco Ennismore. Questi player internazionali hanno impegnato in città milioni di euro, quindi i mancati incassi di due anni non vanno a inficiare la loro strategia globale, semplicemente ha allungato il piano di rientro di investimenti comunque pluriennali>> spiega Gian Luca.

Diverso è il discorso per la categoria della ricezione turistica delle strutture storiche medio-piccole che hanno sofferto due anni di mancati profitti. Tipicamente tramandate di generazione in generazione, oggi stanno inesorabilmente segnando il passo e questo dice molto sulla nuova concezione dell’offerta ricettiva.

<<Per capire la tipologia di offerta di questi player internazionali dell’hôtellerie – continua Gian Luca – bisogna fare l’esempio del concetto di prodotto che aveva Steve Jobs, ovvero la bellezza sta nella forma abbinata alla potenzialità. Il modello di business dei grandi hotel ambisce a un flusso di persone continuo con servizi rivolti a tutti e non solo agli ospiti, che si recano nella struttura per mangiare, fare l’aperitivo o gustare un cocktail. Oppure offrono spazi polivalenti come centri benessere e coworking. Gli avventori – che sono soliti postare su Instagram foto o stories della loro esperienza in questi luoghi – sono “dati”, e nell’era del capitalismo di Big Data forniscono la migliore pubblicità a costo zero>>.

Ma la tendenza alla concentrazione del business dell’accoglienza in pochi attori è irreversibile? <<Sì, almeno per i prossimi anni, poi ci sarà il ritorno a una experience più intima, stavolta con l’affermazione degli hotel boutique – conclude Gian Luca – ne abbiamo già alcuni di carini a Firenze. Immagino in futuro saranno sempre più apprezzati il calore o l’arredo ricercato – e a volte fuori dal tempo – di queste strutture rispetto al design secondo i trend del momento delle grandi catene alberghiere>>. 


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